L’art. 15 §.1 Direttiva 2002/58/CE, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che prevede, per finalità di lotta contro la criminalità, una conservazione generalizzata e indifferenziata dell’insieme dei dati relativi al traffico e dei dati relativi all’ubicazione di tutti gli abbonati e utenti iscritti riguardante tutti i mezzi di comunicazione elettronica. (Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, sentenza 21 dicembre 2016, cause riunite C 203/15 e C 698/15)
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Qui su è scaricabile il Comunicato stampa della Corte Europea
QUI il link alla sentenza
Corte di Giustizia Europea Sentenza nella cause riunite C-293/12 e C-594/12 - 8 aprile 2014
La direttiva sulla conservazione dei dati Direttiva 2006/24/CE comporta un’ingerenza di vasta portata e di particolare gravità nei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati di carattere personale, non limitata allo stretto necessario.
La direttiva, imponendo la conservazione di tali dati e consentendovi l’accesso alle autorità nazionali competenti, si ingerisca in modo particolarmente grave nei i diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati di carattere personale.
La direttiva non prevede garanzie sufficienti ad assicurare una protezione efficace dei dati contro i rischi di abusi e contro qualsiasi accesso e utilizzo illeciti dei dati. Essa rileva, tra l’altro, che la direttiva autorizza i fornitori di servizi a tenere conto di considerazioni economiche in sede di determinazione del livello di sicurezza da applicare e non garantisce la distruzione irreversibile dei dati al termine della loro durata di conservazione.